venerdì 29 ottobre 2010

Da IlMachete.it - La Casa dei 1000 corpi, l'horror più sofferto


La Casa dei 1000 Corpi, l' Horror più sofferto
15.10.2010 - Maria Peritore
Quando nel Duemila furono ultimate le riprese de La Casa dei 1000 corpi, la Universal ne osteggiò la distribuzione per la violenza dei contenuti, tanto che dovettero passare tre anni, quattro per la bigotta Italietta, prima di uscire nelle sale.
Intanto le Twin Towers erano già state bombardate, migliaia di innocenti sacrificati, la crisi economica proclamata tra promesse di ripresa e oscuri intrallazzi.
Il genio di Rob Zombie, dunque, ha dovuto attendere che ci riprendessimo da più efferate realtà e crudeli scenari per mostrarsi ai cinefili di ogni palato e latitudine.


Fatta la premessa: cos’avrà mai di orrido questo film?
Tutto e niente.
A guardar bene le sequenze iniziali, infatti, viene in mente il Rocky Horror Pictures Show di J. Sharman, se non fosse che nel prosieguo ci si imbatte nel remake di Non aprite quella porta di T. Hooper, con tanto di sadica e antropofaga famigliola.
Nulla di nuovo, ma solo rumore intorno a Rob Zombie, che, da regista, scrittore, musicista, grafico alternative metal, si è cimentato in un tributo appassionato al cinema gore, mettendo in campo i suoi talenti e creando un allucinato, acido, lungo videoclip facendo uso di inquadrature, talvolta strampalate, volutamente finalizzate ad enfatizzare sangue e violenza.



Un esercizio di stile il cui risultato è una pellicola ampollosa, un parodico divertissement con rimandi caricaturali a B-movie splatter, non senza una sottile ironia che, nell’inesauribile feedback di massacri, non risparmia neppure i fratelli Marx e, che, pur nell’assenza di uno script, vale la pena segnalare perchè espressione dei nostri tempi esasperati, crudeli e senza il senso della misura.

lunedì 2 agosto 2010

Da IlMachete.it - Concetto al buio di Rosario Palazzolo


Il buio è generalmente mancanza di luce, è talvolta associato al silenzio, ma, in
qualche caso, può anche prendere la forma di una stanza senza porte né finestre,
squarciata da urla afone, da parole impresse in un vecchio quaderno che gridano
vendetta. Di un buio fitto ed interiore narra “Concetto al buio”, secondo romanzo di
Rosario Palazzolo, pubblicato da Perdisa pop Editore per la collana Babele suite, il
cui nucleo principale ruota intorno ad un ripugnante segreto talmente sconvolgente
da suscitare una rabbia incontrollabile e al tempo stesso irritante, così abietto da
far fuggire persino Dio, facendolo addirittura scomparire, per lasciare, al suo posto,
una persistente sensazione di stretta alla gola che non abbandona e avvince fino
all’ultima pagina. Nella penombra stagnante di una“ragionevole verità” e alla luce
evidente di infami soprusi, un tredicenne diventa, in un sapiente e arguto intreccio
narrativo, una sorta di uno e trino, vittima e testimone di una tragedia familiare che
chiude un cerchio infausto e maledetto sullo sfondo di una Palermo”storica” che
evapora, in un’apparente normalità, al cospetto di santi veri e finti predicatori.
La narrazione forte di una scrittura serrata, che offre il fianco a ben orchestrati
depistaggi, restituisce l’esatto timbro di una piccola” voce di strada” che travolge,
affonda come lama nei bordi di una ferita, a volte si stempera, raggiungendo lo zenit
nei memorabili passaggi che racchiudono i dialoghi impertinenti e dissacratori con
un Gesù, imputato e quasi condannato in contumacia, e che finiscono per restare
nella coscienza di chi legge come un urlo munchiano distorto.

Da IlMachete.it - Cartolina da Lisbona


02.08.2010 -

Lisbona, per me, si sveglia coi rugiadosi profumi mattutini del parco EdoardoVII che attraversano a raffiche Praça Marques de Pombal e si stiracchia fino all’Avenida da Liberdade in direzione Rossio.
In un cielo limpido, spruzzato da nuvole spettinate, mi incammino verso il mio incontro speciale con Teresa Salgueiro a Baixa.

Superata lestamente Praça dos Restauradores, la scorgo già da lontano, bella nel suo vestito rosso carminio e le labbra disegnate in un viso da madonna galiziana. Col cuore in corsa, dopo una stretta di mano ed un abbraccio, decidiamo per uno spuntino al Ribadouro.
Ordiniamo “sardinhas assadas” e un bicchiere di Madeira a testa, mentre, tra uno scambio complice di sguardi, discutiamo di musica e dell’età d’oro dei Madredeus.
Mi racconta tutto, ma sono i suoi occhi scuri e profondi a parlare di più.
Finito l’almoço, ci dirigiamo all’Alfama, il quartiere che, affacciandosi sul Tago, brulica di odori e voci. Nello sventolio di mille bandierine sospese risuonano i fuochi sbiaditi della festa di Sant’Antonio, meno
poetici dei passi di Philip Winter in Lisbon story e della voce tersa di Teresa che canta, come una novella Rodriguez, la toccante Ainda.

Un’improvvisa malinconia mi assale per restituirmi immediatamente a Praça do Comércio e al suo gioioso Festival dos Oceanos, dove il volo degli uccelli tra i fili dei tram disegna traiettorie sghembe in un tramonto dissolto in lontananza dalla sagoma del Cristo Rei.
Allora vado in cerca di un caffè: da A Brasileira, in Rua Garrett al Chiado, mi siedo accanto ad un Pessoa dall’immota posa a vagheggiare il suo tempo migliore.
Forse, più tardi mi perderò tra bicos e tascas nel chiassoso Bairro Alto.

giovedì 1 luglio 2010

Il Festino riciclato


Il 14 luglio si avvicina, la Santuzza è pronta per fare la sua bella passerella "Cassaro Cassaro". No, la Santuzza non è pronta..o meglio bisogna imbellettarla come si conviene, coi pochi soldi raggranellati dal Comune e con l'inventiva di Philippe Daverio. Sarà la Santuzza tutta di vetro, omaggio dei maestri vetrai di Murano o una Santuzza patchwork dei festini passati?
Tant'è, ci si chiede se per l'occasione verranno rimossi i cumuli di immondizia che ammorbano la città o dovrà pensarci la Santuzza con un miracolo in grande stile. Infondo, Festino a parte, si potrebbe anche riciclarla sta "munnizza" tanto odiata. Chissà il Sindaco..
..Mah! Un fatto è certo, Palermo non rinuncia al suo Festino anche low cost, come si dice, poverello e arripizzato. E allora.. vediamo un pò cosa uscirà fuori dal cappello Monsieur Daverio e compagnia bella. Nell'attesa, godiamoci la calura, una fetta d'anguria, un piattino di babbaluci, un gelato da Ilardo e come riesce si racconta. Comunque sia, viva Santa Rosalia!

mercoledì 30 giugno 2010

Navarra editore - II CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE “GIRI DI PAROLE” - IL BANDO COMPLETO


II CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE “GIRI DI PAROLE”
"IO E GLI ALTRI"

Il Concorso Letterario Nazionale “Giri di parole” giunge alla seconda edizione, in seguito ai positivi riscontri ottenuti nel 2009, grazie all’attenzione e alla sensibilità di lettori e scrittori di tutto il territorio nazionale e alla qualità dei racconti e romanzi vincitori. Invitiamo a partecipare romanzi e racconti inediti che abbiano come tema “Io e gli altri”. I testi vincitori, scelti dalla giuria “Giri di parole”, verranno pubblicati dalla Navarra Editore e riceveranno un premio in denaro (Art. 3/a e 3/b).
Il premio resta un’importante iniziativa nell’ambito del lavoro di scouting della Navarra Editore, essendo la scoperta di nuovi talenti uno degli obiettivi principali della casa editrice, ma quest’anno si propone anche di ampliare il dibattito e il confronto sul tema scelto e sui diversi stili di scrittura, aggiungendo allo schema della prima edizione un premio della critica (Art. 3/a e 3/b), assegnato da un gruppo di giornalisti di pagine culturali, e un premio Facebook, assegnato dai fondatori di gruppi o pagine specifiche dedicate al mondo dei libri e della scrittura (Art. 3/a e 3/b).

Per partecipare al concorso si richiede di consultare attentamente il bando pubblicato qui di seguito e spedire quanto richiesto entro il 31 maggio 2010 30 GIUGNO 2010.

II CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE “GIRI DI PAROLE” 2010
La Navarra Editore indice la seconda edizione del Concorso Letterario Nazionale “Giri di Parole”. Sono previste due sezioni: romanzo e racconto, inediti e aventi come tema di questa edizione:
“Io e gli altri”.

Art. 1 Sezioni

a) Racconto: si partecipa inviando fino a un massimo di tre racconti inediti, aventi come tema “Io e gli altri”, inteso come messa a fuoco di una relazione tra se stessi e qualunque altro soggetto possa essere considerato come secondo elemento di un confronto. Ogni singolo racconto dovrà essere costituito da un minimo di tre cartelle da 2000 battute (spazi inclusi) e un massimo di 18000 battute complessive. I lavori andranno spediti in tre copie cartacee e una digitale (CD-ROM, in formato MS-Word); una delle copie cartacee dovrà recare firma, dati anagrafici, indirizzo, recapito telefonico e indirizzo e-mail dell’autore. Gli stessi dati dovranno essere inseriti nella scheda di auto-presentazione che trovate in allegato al bando o scaricabile dal sito www.navarraeditore.it. Nella stessa, i partecipanti dovranno inoltre confermare la paternità esclusiva degli elaborati (Art.2/e) e autorizzare la Navarra Editore alla eventuale pubblicazione delle opere vincitrici.

b) Romanzo: si partecipa inviando un romanzo inedito, avente come tema “Io e gli altri”, inteso come messa a fuoco di una relazione tra se stessi e qualunque altro soggetto possa essere inteso come secondo elemento di un confronto. Ogni romanzo dovrà essere costituito da un minimo di 100.000 battute (spazi inclusi) e un massimo di 200.000 complessive. Il lavoro andrà spedito in tre copie cartacee e una digitale (CD-ROM, in formato MS-Word); una delle copie cartacee dovrà recare firma, dati anagrafici, indirizzo, recapito telefonico e indirizzo e-mail dell’autore. Gli stessi dati dovranno essere inseriti nella scheda di auto-presentazione che trovate in allegato al bando o scaricabile dal sito www.navarraeditore.it. Nella stessa, i partecipanti dovranno inoltre confermare la paternità esclusiva degli elaborati e autorizzare la Navarra Editore alla eventuale pubblicazione dell’opera vincitrice (vedi Art.2/e).



Art. 2 Regolamento Generale

a) Le opere partecipanti – con le caratteristiche precisate in 1/a e 1/b – dovranno essere inviate al seguente indirizzo: “Concorso Giri di parole” – Navarra Editore – via Francesco Crispi n. 108 – 90139 – Palermo.
b) La scadenza del termine di invio è stata posticipata al 30 giugno 2010: farà fede il timbro postale.
c) La quota di partecipazione, per spese di segreteria, è pari a Euro 20.00, di cui Euro 5.00 andranno a costituire il montepremi destinato ai vincitori delle due sezioni, e dovrà essere versata sul C.C. postale n. 1297402, intestato a Navarra Editore. Copia del bollettino comprovante il versamento va inserita nel plico di partecipazione. In alternativa la quota potrà essere inviata in contanti insieme alle opere partecipanti tramite raccomandata assicurata. La Navarra Editore declina ogni responsabilità per l’eventuale smarrimento dei plichi inviati.
d) È possibile partecipare a entrambe le sezioni, purché si versi la quota d’iscrizione per ciascuna di esse.
e) L’autore dovrà dichiarare nell’autopresentazione (Art.1/a e Art.1/b) di possedere la paternità esclusiva del testo e che nessun altro soggetto potrà avanzare pretese su tale opera, sollevando dunque la Navarra Editore da eventuali citazioni per appropriazione indebita di materiale culturale. L’autore dovrà altresì autorizzare la Navarra Editore alla pubblicazione cartacea dell’opera, nel caso in cui questa risultasse vincitrice.
f) Le opere partecipanti non verranno restituite.
g) Di tutti i racconti e i romanzi partecipanti verrà pubblicato l’incipit sul sito web della Navarra Editore.
h) Un comitato di lettura definirà una graduatoria di finalisti: 25 per la sezione a) e 6 per la sezione b), i cui nomi saranno resi noti entro il 15 luglio 2010 per diretta comunicazione, tramite newsletter e sul sito web della casa editrice. La giuria “Giri di parole”selezionerà tra questi finalisti i vincitori delle due sezioni.
i) I nomi degli autori vincitori e i rispettivi titoli delle opere saranno resi noti entro il 10 settembre 2010. Entro la stessa data, verranno resi noti i vincitori del premio della critica e del premio Facebook.

Art. 3 Premi e Cerimonia di Premiazione


a) Sezione a: i primi quindici racconti classificati verranno pubblicati in un volume realizzato dalla Navarra Editore e a essi esclusivamente dedicato. Verrà inoltre assegnato un premio in denaro al racconto classificato come primo assoluto; tale premio sarà determinato dall’ammontare complessivo delle quote di partecipazione per tale sezione. Verrà periodicamente dato aggiornamento del montepremi sul sito www.navarraeditore.it. Verrà inoltre conferito un premio della critica, assegnato da giornalisti di pagine culturali, e un premio Facebook, assegnato dai fondatori di gruppi o pagine specifiche dedicate al mondo dei libri e della scrittura, operanti su tale social network. Informazioni dettagliate sulla partecipazione dei gruppi Facebook verranno progressivamente date sul nostro sito.

b) Sezione b: il primo romanzo classificato verrà pubblicato dalla Navarra Editore e riceverà un premio in denaro determinato dall’ammontare complessivo delle quote di partecipazione per tale sezione. Verrà periodicamente dato aggiornamento del montepremi sul sito www.navarraeditore.it. Il secondo classificato riceverà un numero di testi editi dalla casa editrice per un valore di Euro 100.00; il terzo classificato riceverà un numero di testi editi dalla casa editrice per un valore di Euro 50.00. Verrà inoltre conferito un premio della critica, assegnato da giornalisti di pagine culturali, e un premio Facebook, assegnato dai fondatori di gruppi o pagine specifiche dedicate al mondo dei libri e della scrittura, operanti su tale social network. Informazioni dettagliate sulla partecipazione dei gruppi Facebook verranno progressivamente date sul nostro sito.
c) La premiazione si svolgerà nel mese di ottobre 2010, all’interno di una manifestazione culturale nel territorio siciliano, promossa dalla Navarra Editore e ampiamente pubblicizzata.

Art. 4 Giuria

La giuria “Giri di parole”si riserva la possibilità di segnalare alla casa editrice ulteriori autori meritevoli di attenzione e altresì di non assegnare i premi nel caso in cui i lavori pervenuti non vengano ritenuti idonei.

Art. 5 Accettazione e Trattamento dei dati personali

La partecipazione al concorso implica l’accettazione di tutti gli articoli del presente bando e del trattamento dei dati personali, ai sensi della legge 675/96 e successive modifiche.

Per informazioni: giridiparole@navarraeditore.it Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
www.navarraeditore.it
Su Facebook info alla pagina “Navarra Editore”
e al gruppo “Gli amici di Navarra Editore”.
Navarra Editore, via Francesco Crispi n.108
90139 – Palermo
Tel. 091/6119342 begin_of_the_skype_highlighting 091/6119342

martedì 29 giugno 2010

Chez L. Bunuel et le petit Chaperon Rouge



Clara – Giuseppe, dove vai Giuseppe?

Giuseppe – Sempre a zonzo per il bosco, eh?

Clara – Guarda che belle lumache, ne vuoi?

Giuseppe – No, grazie

Clara – Ho le more anche!

Giuseppe – No, vieni, ti accompagno

Clara – Non ho mica finito..

Giuseppe – Allora, peggio per te, io me ne vado. (..) Attenta al Lupo!







Il dialogo sopra riportato costituisce, all'interno dell'opera bunueliana - Il diario di una cameriera - , il segmento verbale di una descrizione strutturale dalla forte connotazione simbolica, rappresentando un "cameo" d'incantevole fascino nell'intreccio di una storia di per sé innovativa.

Qui, sembra che il racconto dei fratelli Grimm sia naufragato in un quadro preraffaellita e che l'acume ironico e sovversivo del maestro aragonese abbia raccolto gli elementi per recuperare dalla fiaba di Cappuccetto Rosso un corpus da reinventare con uno svolgimento e dei risvolti moderni, dove non solo si sposta l'asse dei contenuti antropologici e didascalici sul piano esclusivamente sessuale, ma viene annullata la funzione dell'aiutante per una scelta di eversione sul piano estetico e comunicativo, plasmando un epilogo dal carattere "disfunzionale".

I protagonisti dell'azione sono, per l'appunto, Clara e Giuseppe. L'una nelle vesti non solo metaforiche dell'eroina Cappuccetto Rosso, cestino in braccio e mantellina scivolata sulle spalle; l'altro in quelle del furbo ed infido antagonista: il Lupo.

Clara/Cappuccetto Rosso decide di compiere il suo viaggio di emancipazione e di conoscenza di sé e del mondo per un luogo che è, per antonomasia, quello prediletto dalle fiabe: il bosco dei sensi e dell'inconscio. E' lì che la vediamo stuzzicare con le dita una grossa lumaca, ed un momento dopo, nell'apparente aspetto tranquillo di una natura benevola e serenatrice, saltellare spensierata per gustare more tra i rovi.

Tutto questo lo effettua sperimentando e occupando uno spazio che sembra quasi una "stanza tutta per sé", in cui canalizzare il curioso gioco di bimba mediante l'"oscuro oggetto" lento e umidiccio che la informa di un territorio che le appartiene intimamente e introducendola alla scoperta di un desiderio dal sapore onanistico, dolce e sanguinolento come il piacere che le more tra le spine procurano. Universo, questo, d'immatura e accattivante sensualità che s'imprime tanto nell'aspetto mimico quanto nelle dinamiche dello sguardo e delle parole, a tal punto da somatizzarsi e rendersi istintivamente visibile e condivisibile. Ne scaturisce un processo di agnizione che ha la forza dirompente della fascinazione erotica latente, capace di tracimare e coinvolgere Giuseppe/Il lupo, dando luogo ad una prova reciproca fatta di provocazioni e avvertimenti, in cui, a tratti, si sovvertono i ruoli preda/predatore , nel finale che risulta inevitabilmente tragico.

Nella sfida a colpi di sguardi e offerte allettanti, di secchi rifiuti, s'affaccia incontrollabile il ripensamento, l'impulso ferino e l'infrazione del divieto.

Dallo scambio di segnali e suggestioni che emergono anche dal più innocente recesso sensuale, matura come raptus l' abominevole soppruso, risolto, sul piano estetico, con una sequenza di rara bellezza simbolica.

Folgorante e rivelatoria appare, dunque, l'immagine delle gambe nude di Clara che emergono tra i cespugli, nella evidente posa di una sessualità virginale usurpata con l'arbitrio, le cui tracce rimangono nel repellente tansumanare delle lumache sulla pelle, in luogo di incontrollabile istinto, divenuto viscido, spesso e perfino mortale. Fotogrammi liquidi ed intensi che impressionano l'anima e lo sguardo e che vengono anticipati da Bunuel con l'"escamotage" di due sfuggenti intrusi: il cinghiale e il coniglio che fuggono tra le siepi. Entrambi, in "falsembiante", non sono altri che lo spettatore, la società, la morale bigotta che proprio Bunuel tira spesso in ballo e che, qui, assurgono a simbolo di spudorata prepotenza, quasi sempre imbevuta di becera codardia e sottolineata, fuor da ogni retorica, dal sibilo lancinante del treno in fuoricampo, simile all'urlo di un'amanità ipocrita e indifferente.

da www.Livesicilia.it – Gli scrittori emergenti: Erwin de Greef giugno 14, 2010 Ma quanto fa ridere il precario…



di MARIA PERITORE La stagione accarezza i boccioli di zagara in giardino e colora di rosso i tulipani che galleggiano sotto vetro sulla finestra poco lontano, portando in trionfo la frizzante essenza mediterranea e l’austera bellezza del nord. La terra di Sicilia ci alletta con i suoi profumi, ci stuzzica con i suoi sapori ricchi di suggestioni antiche, con i suoi luoghi d’arte e col suo mare, ma non è terra dell’abbondanza, né delle grandi opportunità. Il lavoro, si sa, scarseggia e, di norma, se non è sottopagato, è irregolare, quasi sempre è precario. In questo universo, affonda l’inchiostro Erwin De Greef, palermitano di madre olandese, autore del romanzo, “Per il resto chiedete a Pennac”, edito da Coniglio, che, rendendo omaggio alla saga di Malaussene, è deciso a far vestire, al suo alter ego omonimo, i panni di un Don Chisciotte contro tutti i mulini a vento, affrontando ogni genere di lavoro: dal vendemmiatore in una Menfi reticente e sospettosa a venditore di prodotti cosmetici per un bieco principale senza scrupoli, da scaricatore di lavatrici a teleseller in un call-center/ lager, mentre, al contrario, i genitori sognano per lui un futuro da laureato. Il precariato visto da De Greef non si avvale di un frasario crudo, cinico e senza speranza, ma di un repertorio di situazioni surreali, raccontate con brillante ironia ed arriva a toccare picchi di umorismo esilarante ad ogni capitolo. Pur attingendo ad una serie di luoghi comuni, non scade mai in trite ovvietà, ma forte di una vis comica disinvolta e dissacrante, unita ad un narrato semplice e diretto, alla maniera degli scrittori anglo-americani, Bukowski e Stevenson, strappa risate ad ogni piè sospinto, a testimonianza che le difficoltà, piuttosto che abbattere, devono fortificare e dare la forza sufficiente per guardare alle proprie potenzialità con spirito propositivo. A colmare i piccoli vuoti, poi, c’è sempre l’amore, l’eterno motore di ogni cosa, che nel romanzo veste i panni di donne fortemente caratterizzate nella loro femminilità, descritte e vissute da Erwin in stati di esaltazione testosteronica e personificate, ora, dalla passionale e popolana Maria Carmela, ora, dalla semplice e concreta Patrizia. Situazioni a cui Erwin non è nuovo e che in parte abbiamo apprezzato nel precedente romanzo “Dio c’è e bacia benissimo”, pubblicato sempre dall’editore Coniglio. Proprio la passionalità siciliana unita al pragmatismo olandese, il saper fondere con equilibrio “scorsonera” e cannella con noce moscata e ginepro, dà vita ad un bel contraddittorio con de Greef, tra il serio e il faceto.

Parlaci brevemente di te: sei olandese per parte di madre, come mai usi il suo cognome?
“Sì, padre “vucciriota”, mia madre, invece, olandese di Utrecht. Uso il suo cognome.. glielo devo, perché gioca fuori casa”.

Il tuo primo romanzo, “Dio c’è e bacia benissimo”, è divertente, ma “Per il resto chiedete a Pennac” è davvero esilarante, tratta un tema attualissimo.
“In “Dio c’è”, il tema trattato è quello dell’amore, la ricerca di una realizzazione sociale con una donna. Il protagonista vuole la ragazza, Clarabella, gli piace, sente che può conquistarla. Si fa in quattro e beve anche un bel po’ per scaricare la tensione… E’ un romanzo breve scritto di getto, in cinque giorni. C’era tanta voglia di raccontarmi e l’ho fatto. Sempre divertendomi e con gusto. Una full immersion passionale e appassionante. Invece, Per il resto chiedete a Pennac è un libro concreto, ironico: giusto per il tema che tratta. Il lavoro! Il precariato è una piaga della contemporaneità, ma bisogna saper ridere anche delle cose più serie. Lo so per esperienza”.

Sei stato, dunque, un precario. Cosa ti senti di dire a tutti i precari del mondo?
“Anch’io ho vissuto la realtà del precariato, e il messaggio che mi sento di dare a chi gravita in questo universo è di non demordere mai, di avere fiducia in se stessi. Perché senza se stessi non esiste il resto. Le doti e le potenzialità saltano fuori prima o poi. Bisogna faticare, sbracciarsi”.

Quanto c’è di te nell’Erwin dei tuoi romanzi?
“C’è abbastanza Erwin, forse tutto. Nei romanzi, nella scrittura in genere, si mescolano le carte: racconti te stesso, agendo di rapina, porti in scena qualcosa che è di un amico, quel che hai ascoltato per strada o nel locale. Di norma, nella scrittura si porta se stessi. Magari, non proprio la tua esperienza diretta, ma quel che senti di condividere con il lettore per fare passare il tuo messaggio”.

Nei tuoi romanzi, le donne hanno un certo peso. Oggi, chi preferisci di più, Clarabella, Maria Carmela o Patrizia?
“Oh, sì, le donne sono tutto nella vita, sono cresciuto in un ambiente femminile, di donne: cugine, amiche così via. Clarabella, è una ragazza “in”, una che piace e che si diverte a farsi notare, ma è una “ok”, in gamba, non sbraca, sa stare con gli uomini e li fa saltare sulla corda. Maria Carmela è un mito. Una donna passionale e popolana. Magari, anche se non detto ma si intuisce, con qualche problema, ma è splendida, sa amare alla follia, però, nella storia c’è Patrizia: Erwin, il protagonista mio omonimo, si lascia affascinare da lei anche perché ci sono molte più affinità. Insomma, hanno qualcosa da condividere. Qualcosa in più della birra, delle sigarette e della buona ottima musica”.

Tu non vivi più a Palermo. Quanto c’è di palermitano in te, e quanto di olandese?
“E’ un mix, il mio. Alle volte sembra di essere ai Mondiali di calcio del ’78. Di palermitano, ho i colori, il folklore, il gesto, l’intuito. Dell’Olanda di Utrecht, ho la voglia di libertà, la ricerca dell’equilibrio, la ricerca di un “io” più “sociale”. In ogni caso, credo di avere preso molto sia da papà che da mamma: da lui, l’amore per la letteratura, la passione per lo studio, la scrittura. Da mamma, il piacere del verde nel balcone, il coltivare fiori e piante in campagna. Da entrambi, il desiderio, o meglio il bisogno del mare, del viaggio. Come loro, sono irrequieto. Ho bisogno di guardare sempre avanti, verso nuovi orizzonti”.

Come vedi Palermo da lontano?
“In fin dei conti, per certi aspetti, Sicilia e Olanda sono simili. Per altri, certo, è un abisso, ma in generale rispetto all’Italia. Bene, la vedo una città che afferma valori che abbiamo cominciato a costruire negli anni Ottanta, che promuove se stessa con valore e vigore. Vedo anche una città che conferma quel che di buono ha saputo costruire nella sua storia plurimillenaria. Palermo e la Sicilia hanno molto da dare al resto dell’Italia…”.

Sei uno spirito positivo che non si ferma mai. A cosa stai lavorando in questo periodo?
“ Faccio l’editor, libero professionista, e mi impegna parecchio. Il mese prossimo uscirà il racconto “La mela caramellata” per un’antologia edita dall’editrice bolognese Malicuvata. Inoltre, ho pubblicato una carrellata di roba on line: due saggi brevi (Bukowski e Stevenson, quest’ultimo sabato scorso), un paio di poesie (di cui una, “307 parole all’alba” è stata musicata da Fulvio D’Ascola dei Kalavria), un’intera silloge sul tema della memoria e una decina di racconti. In verità, in questo ultimo anno mi sto muovendo molto on line. E’, oggi, un luogo, seppur virtuale, dove il contatto tra autore e lettore è molto più agevole, in quanto diretto e immediato”.